Di Marco su Venerdì, 08 Ottobre 2021
Categoria: Sicurezza

Errore in un software causa violazione Gdpr? Responsabilità dell’utilizzatore

Risalgono a Maggio 2021 due sanzioni, comminate dal Garante della Privacy, verso due aziende sanitarie le quali, a causa di bug presenti nei software da esse utilizzato, hanno causato la trasmissione di dati personali (e addirittura sensibili) a soggetti terzi.

Nel primo caso, occorso in Emilia-Romagna, un difetto del software NON teneva conto del flag sul box col quale il paziente richiedeva che le proprie informazioni non venissero trasmesse al medico di famiglia.

Sono stati 48 i pazienti che hanno visto i propri dati trasmessi contro le proprie volontà, e nonostante l'azienda si sia attivata rapidamente per far sanare la situazione alla ditta fornitrice del suddetto software, la sanzione applicata è stata di 120.000€

Anche nel secondo caso, accaduto in Trentino, sono stati trasmessi dati sensibili ai medici di famiglia contro la volontà degli utenti.

Il bug, in questo caso, riguardava la richiesta esplicita di oscuramento dei dati verso il MMG, che veniva ignorata dal sistema il quale si riferiva invece al consenso generico rilasciato in fase iniziale dal paziente.

In questo caso, a fronte di 293 referti diffusi contro la volontà dei pazienti, la sanzione è valsa 150.000€

Perché la responsabilità è delle aziende?

Vale la pena notare che, nonostante le due aziende sanitarie si siano mosse proattivamente una volta scoperta la violazione per sanare la situazione, e che la causa effettiva della violazione fosse una il garante ha comminato comunque una sanzione molto elevata, giudicandole direttamente responsabili dell'accaduto.

Questi casi denotano una lacuna normativa, che non coinvolge i produttori di software nella responsabilità per violazioni privacy.

È probabile che in futuro tale lacuna verrà colmata tramite appositi correttivi.

Nel frattempo, le aziende devono operare in prima persona per verificare il rispetto della Privacy by design e by default dei sistemi che utilizzano.

Cosa devono fare le aziende?

I termini "privacy by design" e "privacy by default" possono suonare un po' vaghi, in realtà si traducono in numerose attività di affinamento e verifica della propria infrastruttura.

Di seguito proveremo a fornire qualche semplice esempio, ma ci sono tre aspetti che è bene tenere a mente:

  1. Ci vuole tempo
    Il tempo è denaro, ma come si è visto le multe non sono certo leggere, per questo è bene non dedicarsi a questo lavoro sbrigativamente.
    Occorre tempo per analizzare la propria infrastruttura e i propri flussi di dati, verificare ad ogni passaggio il rispetto dei diritti dell'utente e la trasparenza e sicurezza dei trattamenti.

  2. Una volta non basta
    La verifica del rispetto della Privacy dei propri sistemi, così come la verifica della loro messa in sicurezza, deve essere ripetuta periodicamente.
    Operazioni comuni come gli aggiornamenti automatici dei sistemi, introduzione di nuovi impiegati e altre piccole modifiche alla struttura informatica aziendale possono aprire nuove falle nel sistema, che vengono rilevate solo dalla ripetizione dell'analisi di sicurezza.

  3. Non improvvisare
    L'analisi di sicurezza e conformità privacy non può essere effettuata da non addetti ai lavori.
    Il GDPR stabilisce casi precisi in cui l'azienda deve nominare un DPO, ovvero uno specialista che, tra gli altri incarichi, deve compiere audit regolari sullo stato della privacy della propria azienda.
    È però consigliabile, anche qualora non si sia vincolati ad avere un DPO, di dotarsi di consulenti capaci per le operazioni più complesse, in particolare le analisi del rischio e gli assesssment di rete.

Chiariti questi tre punti, eccolo un piccolo elenco di verifiche, tratte dall'esperienza nella gestione di centinaia di aziende, che potete effettuare autonomamente, sotto forma di domande da porvi: